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Sebbene in Grecia il clima fosse un po’ più clemente, le donne praticavano la depilazione del pube, ritenendo i peli orribili soprattutto nei ceti più elevati.
Roma acquisì le medesime usanze ma introdusse l’uso di apposite pinzette oltre a misture varie provenienti da ogni angolo dell’impero.  Plinio il Vecchio suggeriva nei suoi scritti una speciale pozione di “bacche di sambuco, olio di lentisco e feccia d’aceto bruciata”.
Ma gran parte delle pratiche depilatorie erano state introdotte a Roma dagli schiavi orientali, poiché in Oriente la depilazione era addirittura prescritta da leggi rituali che prescrivevano la depilazione della regione pubica, le pratiche depilatorie erano maggiormente studiate e raffinate. Una delle ricette di maggior successo consisteva in una mistura di trisolfuro d'arsenico e calce che faceva cadere il pelo.
Così gli schiavi di origine orientale erano ritenuti dell’antica Roma maestri  nell'arte della depilazione, che praticavano servendosi di composti vari costituiti da pozioni, resine e impacchi di pece caldi.
L’usanza della depilazione del corpo continuò negli anni finendo in disuso intorno al 1500 quando Caterina de Medici ne determinò la scomparsa, proibendo la depilazione per le donne in stato interessante.