Computer e dispositivi connessi fra loro in una grande rete al fine di condividere informazioni. Questa la definizione a grandi linee di Internet
Una definizione che diviene sempre più vera e letterale con il passare del tempo e con il nuovo concetto, che sembra essere divenuta una parola d'ordine in questi ultimi anni, L'internet delle cose o per dirla all'inglese "Internet of things".
Sempre più dispositivi sono interconnessi fra loro e alla rete.
Computer, cellulari, tablet, consolle giochi, sistemi di video sorveglianza, sistemi di riscaldamento, televisori, frigoriferi ed ultimamente un grosso contributo è stato fornito dalla domotica.
Milioni, miliardi di dispositivi che conservano, osservano o gestiscono molti aspetti nella della nostra vita, della nostra storia, del nostro vissuto.
Marc Gilbert, appena rientrato dal suo 34º compleanno, era in procinto di passare dalla cameretta nella sua piccola bambina di appena due anni quando ha sentito voci provenire dalla stanza.
La voce incitava in modo poco carino, diciamo pure volgare, la piccola svegliarsi.
Precipitatosi immediatamente dentro ha scoperto che la stanza era vuota e le voci provenivano dal baby monitor che qualche tempo prima Gilbert aveva installato.
Qualcuno era riuscito ad intromettersi nel dispositivo e stava osservando la piccina dormire, incitandola a svegliarsi.
Un'avventura spaventosa, uno scenario tuttavia sempre più frequente è probabile nell'Internet delle cose.
Se Google indicizza i contenuti e le informazioni presenti sulla rete certamente prima o poi qualcuno avrebbe pensato ad indicizzare i device.
L'idea è venuta al ventinovenne John Matherly, un laureato in via informatica all'università di San Diego che ha pensato di creare Shodan, un motore di ricerca in grado di trovare ed indicizzare tutti dispositivi connessi ad Internet.
Milioni di iPhone, router, webcam, dispositivi medici, sistemi di sorveglianza, impianti di riscaldamento, baby monitor, televisori e quant'altro connesso alla rete sono finiti nel grande catalogo.
Shoden è stato concepito per le grandi aziende e per gli studiosi della rete, tuttavia lo strumento è divenuto un valido alleato di chiunque on-line voglia tentare di hackerare dispositivi connessi in rete sfruttandone falle e difetti di sicurezza.
Sebbene il motore di ricerca, nient'affatto facile da usare, non sia illegale al momento la posizione del giovane imprenditore non è ancora ben chiara agli occhi dei federali che potrebbero rendere difficile la vita al giovane Matherly qualora decidessero di imputarlo per violazione del Computer Fraud and Abuse Act.
Un'imputazione tuttavia non facile da dimostrare in quanto non è lui a commettere le violazioni ma altre persone con capacità tecniche ed informatiche notevoli, che usano Shodan come primo gradino per intraprendere degli attacchi.
Secondo la giornalista Kashmir Hill di Forbes bisognerebbe essere grati a Matherly in quanto ha richiamato l'attenzione su errori e disattenzioni gravi che le aziende compiono sui loro i dispositivi che poi andranno connessi ad Internet.
Del medesimo avviso è Matherly che alla domanda di chi gli chiede se non sia terrorizzante indicizzare una centrale elettrica, lui risponde che è terrorizzante il fatto che ad alcuni possa sembrare normale che una centrale elettrica sia connessa.
Il lavoro di indicizzazione ha portato alla creazione di una mappa che mostra la diffusione dei dispositivi e di riflesso del livello tecnologico a livello globale.
Una mappa che vede grandi aree geografiche lasciate fuori o quasi dalle tecnologie informatiche e che sono poi quelle aree che i colossi della rete stanno cercando di aiutare-conquistare.
Uno strumento importante, Shodan, per comprendere non solo i livelli di diffusione ma anche per individuare specifici dispositivi e quindi aiutare i produttori a comprendere meglio la diffusione dei propri dispositivi.
Uno strumento potente, una mappa su cui riflettere.