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Una sfida tecnologica che andrà avanti per diversi anni durante tutta la guerra fredda portando alla produzione di ordigni devastanti.
Armi non più studiate per un conflitto militare ma per una devastazione globale e uno sterminio di massa.
Eccessi e disastri compiuti nel cercare di dimostrare la propria superiorità hanno portato allo sviluppo non solo di armi ma anche di soluzioni e campi di test insoliti, producendo spesso danni e disastri immani.
Dalle esplosioni sotterranee, all'idea di esplosioni lunari, passando per piccole e graziose isole in atolli corallini.
Così ad esempio nell'isola di Elugelab nell'arcipelago delle isole Marshall si pensò bene nel 1952 di far detonare Ivy Mike nel corso di un'operazione denominata Operation Ivy. Dietro nomi così apparentemente neutri si nascondeva l'esplosione di una devastante bomba all'idrogeno. Gli effetti devastanti non furono solo sul paesaggio.
Uno speciale Congresso della Micronesia agli inizi del 1973 rilasciò un rapporto sull'incidente "B". Non solo si affermava, l'isola fu interamente distrutta ma venne vaporizzato in brevissimo tempo una quantitativo di materiale imponente.
100 milioni di tonnellate vennero rimosse e disperse nell'atmosfera. Fu creato un cratere di 175 piedi per un miglio di diametro.
L'enorme fungo rosa provocato dall'esplosione arrivò a 130.000 piedi d'altezza, circa 40 km in soli 15 secondi.
La potenza di questa bomba era circa 250 volte superiore a quella di Hiroshima. Ma la folle corsa non si arresto a questi valori.