Warhol-magazineSono state esposte in questi giorni a Pittsburgh alcune opere ritrovate di Andy Warhol.
Esperimenti pionieristici di grafica computerizzata.

Si sapeva grazie ad un video che l'artista americano Andy Warhol avesse sperimentato la nascente strada della grafica computerizzata.
Era il 1985 e l'informatica era appena agli inizi.
Il panorama informatico vedeva una giovane e intraprendente azienda, Microsoft, che stava cercando di lanciare sul mercato un nuovo prodotto dal nome "Windows". Un gran parte dei computer era gestito dal sistema operativo DOS nella versione 3.2, abche se la competizione are accesa e il panorama ricco di proposte e soluzioni. Apple stava muovendo i primi passi e l'anno prima aveva lanciato sul mercato il Macintosh. I computer erano costosi e ancora poco diffusi. Disponevano, fatta poche e rare eccezioni, di monitor prevalentemente monocromatici se non a fosfori verdi.
In un panorama estremamente effervescente, nuovi prodotti venivano proposti sul mercato sfruttando innovazione e originalità, alla ricerca di un possibile spazio di mercato.
La Amiga fu uno dei primi computer a porre l'attenzione sulla grafica, sul colore e sull'interazione uomo macchina come la intendiamo oggi.
L'Amiga 1000, il modello di punta, all'epoca vantava 4096 colori con una risoluzione di 640 × 256 pixel, valori oggi superati da un qualsiasi cellulare di fascia bassa.
Tuttavia per l'epoca si trattava di risultati estremamente fantascientifici.
In un contesto fortemente competitivo, e alla ricerca di nuove fasce di mercato, la Comodore proprietaria di Amiga, decise di coinvolgere l'eclettico e controverso Andy Warhol, fornendogli un computer Amiga 1000 con cui esplorare questa nuova possibile frontire dell'arte.
Si aveva notizie del fatto che l'artista americano avesse realizzato una serie di immagini e fra queste un ritratto di Debbie Harry dei Blondie oltre ad altre immagini care al suo repertorio. Debbie Harry
Tuttavia fra il materiale conservato all'Andy Warhol Museum non vi era traccia dei file di queste creazioni.
Un gruppo composto da varie persone con differenti competenze professionali, tra i quali l'artista newyorchese Cory Arcangel, tecnici del Carnegie Mellon University e membri del Computer Club hanno deciso di cimentarsi in una operazione di archeologia informatica.
Recuperati quindi i floppy in dotazione all'Amiga hanno iniziato a valutare la situazione e gli eventuali approcci.
Il primo dato, abbastanza evidente era la mancanza di floppy con un'etichetta o indicazioni che potessero far pensare a un contenuto di file grafici, c'era poi da tener conto del fatto che i floppy dopo così tanti anni erano estremamente fragili e pertanto difficilmente potevano essere letti in modo convenzionale, sempre che si fosse riusciti a trovare un lettore dell'epoca.
Dopo la lettura del contenuto mediante speciali tecniche è emerso che i disegni dell'artista erano stati salvati direttamente sui dischi che contenevano GraphiCraft, il programma di grafica.
Oggi nessuno penserebbe di salvare i propri file fra quelli dei programmi, tuttavia all'epoca visto che i computer avevano un solo floppy disk, e ovviamente, all'epoca, erano sprovvisti di un hard disk, si era costretti a salvare le proprie creazioni, grafiche o letterarie direttamente fra i file del programma.
Il gruppo di ricerca ha facilmente individuato i file in quanto i nomi erano abbastanza evocativi e famigliari all'universo di Warhol.  Campbells.pic, marilyn1.pic eccetera.

Gli sforzi dei nostri archeologi tuttavia non erano ancora conclusi, con il "mero" recupero, infatti il programma grafico utilizzato, non era più utilizzabile e di conseguenza è stato necessario scrivere un software apposta in grado di decifrare i file appena recuperati e quindi di visualizzarli correttamente sui moderni computer.
una ricerca lungo che ha richiesto tre anni di lavoro.
Un progetto interessante sotto vari punti di vista da quello culturale a quello scientifico.
Un lavoro complesso che ha prodotto un interessante e dettagliato rapporto sull'iniziativa e che mette in chiara evidenza, qualora ce ne fosse bisogno, di un problema spesso sottovalutato, ma quanto mai presente, della rapida obsolescenza tecnologica dei supporti e dei formati digitali.
Una obsolescenza che può condurre alla perdita totale di preziose informazioni specie se questi dati non sono ben documentati (con altri media e supporti).
Un cambio rapido, quello tecnologico, che nell'arco di poco tempo può farci perdere grandi quantità di informazioni. Un problema che si riscontra con vari fonti documentali, ma che nel caso dei sistemi informatici subisce una accelerazione esponenziale.
Una situazione resa ancor più grave dalla difficoltà data dal non poter interpretare senza un mezzo di mediazione l'informazione registrata.
Per essere chiari, insomma, una foto per quanto sbiadita o un testo dilavato dall'acqua, con qualche difficoltà è interpretabile con una osservazione attenta o avvalendosi dell'ausilio di una lente di ingrandimento o di una illuminazione adeguata, ma nel caso di un supporto informatico la lettura del dato, il recupero dell'informazione, risulta estremamente difficoltosa in quanto l'accesso all'informazione può avvenire solo ed esclusivamente se immediata da un dispositivo tecnologico complesso.
Tenendo conto che la tecnologia ha un ciclo di invecchiamento spesso più veloce del formato questa operazione diviene estremamente complessa.
Ricorderete la vicenda delle foto scattate alla Luna nella fase pre Apollo, ma senza allontanarsi così tanto nel tempo basta pensare alle tante audio o video cassette che fino a poco tempo fa erano abbondantemente presenti nelle abitazioni di ciascuno di noi e che ora sono divenute oggetti "vintage" e che difficilmente riusciamo a leggere.